La forza delicata dell’arte al femminile

 

L’estate di Dynamo Art Factory ha avuto come protagoniste d’eccezione tre artiste, che con i propri progetti creativi hanno accompagnato i genitori di bambini con patologie gravi o croniche a (ri)scoprire e a liberare – attraverso l’impronta della Terapia Ricreativa Dynamo e della relazione –  la creatività, come patrimonio interiore accessibile a tutti. 

La prima protagonista di questi mesi estivi è stata Loredana Longo. L’artista catanese, nota per la ricerca volta a sondare il contrasto fra costruzione e decostruzione, forza e fragilità, con l’opera “The Screaming Town” ha accompagnato i genitori in un lavoro catartico incentrato sull’emozione. Durante l’attività hanno collaborato alla “costruzione” di una città in cartone, realizzata da una serie di abitazioni decorate internamente con carte da parati ed esternamente e con le parole che ognuno avrebbe desiderato gridare nel periodo straniante vissuto durante il lockdown. Un racconto intimo e intenso, in cui le storie del singolo si sono intrecciate con quelle della collettività. In accordo con la cifra stilistica della Longo, a testimoniare la fase di “decostruzione”, l’opera collettiva è stata portata in un punto panoramico e fatta esplodere. Una serie di scatti d’autore e un video in stop motion hanno immortalato il fascinoso processo circolare della vita.

Paola Citterio ha raccolto il testimone “intessendo” un viaggio di straordinaria forza e delicatezza. L’incontro fra vecchi attrezzi in ferro e nuvole di soffice lana rosa ha potato i genitori di bambini a riscoprire la propria espressività, sperimentando l’atto manuale dell’antica tecnica della feltro a secco e creando delle sculture, poi interpretate nella loro forma definitiva dalla visione dell’Artista. Il risultato sono un susseguirsi di “memorabilia personali”, che nella loro potente semplicità rivelano tante storie che si intrecciano come fibre di lana attorno al metallo. La Citterio, con generosità, ha inoltre donato a Dynamo Art Factory due opere realizzate durante la residenza alla Fondazione Kenta di Milano.

Per chiudere il cerchio, Serena Fineschi ha sorpreso i genitori con un lavoro concettuale sviluppato sulla parola, l’immaginazione e il corpo. Partendo dalle riflessioni sull’opera dell’artista “Viva questo mondo di merda” – che senza troppi giri di parole simboleggia l’amore incondizionato per la vita, nonostante le contraddizioni – ogni gruppo di genitori si è lasciato andare ad un flusso di coscienza di parole e pensieri, che rappresentassero il proprio personale inno alla vita. I tratti grafici, liberi e incontrollati, lasciati dalle penne bic hanno aperto uno spazio sul mondo interiore, mentre il suono delle penne ha accompagnato come un mantra il tempo trascorso nell’immersione del disegno. Un grande foglio ha accolto i pensieri e la gestualità di questo rituale meditativo, dove ogni partecipante ha compiuto il proprio viaggio di inchiostro e di emozioni, in una fusione fra creatività e materia. Come ultimo gesto, le gomme da masticare – paradigma della società contemporanea- sono diventate sculture da posare come un dono su un supporto grande come un abbraccio.