Negli anni ’80 consolida le sue visioni poetiche seguendo i corsi tenuti alla Facoltà di Architettura. Spronato dall’idea della crescita sedimentaria della Storia, per Pignatelli la pittura ha con il tempo un rapporto particolare: la compresenza di elementi e forme ascrivibili ad epoche diverse non è solo sognata ma è reale e vive dentro la sua opera. È spinto a visitare i luoghi dell’immagazzinamento, le aree di stoccaggio, i depositi militari i grandi cantieri dell’ingegneria. È affascinato dai misteri celati dietro le architetture anonime delle città portuali, ma anche nelle architetture classiche e in quelle incontrate nei suoi percorsi attraverso le città europee. Pittore in grado di affrontare la sfida delle grandi dimensioni, Pignatelli lavora di norma su supporti anomali e già di per sé pittorici, teloni di canapa, legni e ferri, carte assemblate, sui quali interviene sovrapponendo il repertorio delle sue immagini, una sorta di catalogo dove compaiono mezzi meccanici, navi, aeroplani, paesaggi metropolitani, reminiscenze dell’antico rappresentate dai resti di statue e oggetti.
Le monumentali sculture degli imperatori romani, le bighe trainate dai i cavalli, decontestualizzate e riproposte sulle tele lavorate con tecniche e soluzioni diverse, diventano parte importante della sua iconografia. L’opera di Luca Pignatelli conosce una risonanza di portata internazionale sin dagli anni ‘90.